Audio Gli Specialisti scrivono – 1 Le primitive caratteristiche della musica: armonia, timbro e ritmo – Bruno Fazzini
Titolo: 1 Le primitive caratteristiche della musica: armonia, timbro e ritmo
Nel primo libro del De rerum natura, Lucrezio racconta che gli uomini tentarono dapprima di imitare con la voce il canto degli uccelli, lo stormir delle fronde, ecc. per poi passare a realizzare degli strumenti per riprodurre quei suoni.
LA MUSICA E LE SUE CARATTERISTICHE
Introduzione di Bruno Fazzini
Prima Parte
1) Le primitive caratteristiche della musica: armonia, timbro e ritmo
Nel primo libro del De rerum natura, Lucrezio racconta che gli uomini tentarono dapprima di imitare con la voce il canto degli uccelli, lo stormir delle fronde, ecc. per poi passare a realizzare degli strumenti per riprodurre quei suoni.
Il passaggio e il connubio tra voce e strumento è stato il cardine della musica dei primi madrigali di Luzzaschi (1601) nei quali la voce esegue passaggi di difficoltà incredibile che solo uno strumento come il flauto sembrerebbe poter affrontare. Tra il ’500 e il ‘600 il Vicentino individuò diversi accenti verbali ed il modo di riprodurli tramite uno strumento e fu tra i primi ad introdurre la conoscenza delle frequenze e l’osservazione del ritmo. Anche secondo Monteverdi l’armonia e il ritmo nascono dalla parola, mentre il suo concetto di “imitazione” si riallaccia alla realizzazione della melodia.
L’espressione di Monteverdi “rivestir di note” è esemplificativa e ci dà la misura di come, per questo autore, l’imitazione si ritrovi nella creazione di un atto vitale: Il pianto di Arianna. E’ questa, in sostanza, la capacità di modulare la parola quasi fosse uno strumento, identificando da allora e per il futuro il “parlar cantando”. Grazie a queste basi, costituite dai suoni verbali, nascono l’armonia e il timbro, parametri che noi audiofili trattiamo spesso nelle nostre prove d’ascolto, mentre dai nuclei dinamici del “parlar cantando” si genera il ritmo, quello che noi appassionati chiameremo, più avanti, dinamica.
2 La scala musicale
Tutta la musica attuale si basa sul concetto della scala cromatica. Senza voler ripercorrere in dettaglio tutta la storia della musica, è sufficiente ricordare come la scala, ovvero l’insieme degli intervalli che sono alla base della composizione, ha conosciuto una prima codifica con i greci ed i loro “modi“. Sostanzialmente, la costruzione della scala era basata sul rapporto di 3/2.
Partendo per esempio dal Do, applicando il rapporto 3/2 si otteneva il Sol; continuando si arrivava all’ottava superiore, ma questa volta sul Re, definendo di volta in volta tutti i gradi della scala.
Questi sistemi sono stati fondamentalmente utilizzati fino al XVI secolo con gli studi di Vincenzo Galilei (padre di Galileo), Giuseppe Tartini e, soprattutto, Gioseffo Zarlino. Quest’ultimo, in particolare, formulò una costruzione della scala che viene ancora oggi ricordata come scala zarliniana. Con un insieme di costruzioni simili si riescono a definire tutti i gradi della scala diatonica (Do, Re, Mi, Fa, Sol, La, Si).
Il problema maggiore che si manifestava con questo sistema era la difficoltà di accordatura dei semitoni negli strumenti ad intonazione fissa come il clavicembalo: due note come Do diesis e Re bemolle (che corrispondono allo stesso tasto nero della tastiera) si ritrovano ad avere, per costruzione, due frequenze leggermente differenti.
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Giuseppe Tartini. (fonte: last.fm)
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Gioseffo Zarlino. (fonte junglekey.fr)
Per risolvere il problema dell’intonazione, che era diventato pressante a causa dello sviluppo del gusto armonico e delle necessità musicali dell’epoca, Werckmeister propose la costruzione di una scala che temperasse la differenza fra i semitoni. Si considera come il primo utilizzo musicalmente degno di nota della nuova accordatura sia stato fatto da J. S. Bach con i due libri del “Clavicembalo ben Temperato“, nel 1722 e nel 1744. La costruzione è relativamente semplice: partendo da un rapporto di frequenza di 2, che corrisponde all’intervallo di ottava, si divide questo intervallo in 12 sottointervalli uguali in progressione geometrica.
Parallelamente alla codifica della scala, si vide crescere la necessità di avere un suono d’intonazione fissa e sufficientemente riproducibile come riferimento, per costituire gli intervalli della scala. Questa scelta è ovviamente arbitraria e, nella pratica musicale, dal XVIII secolo in poi, si è progressivamente assistito ad un lento, ma continuo, slittamento verso l’alto.
Solo nel ventesimo secolo si è definita, una volta per tutte, la frequenza di riferimento, fissando il La3 a 440 Hz, con una tolleranza di più o meno 0,5 Hz. Il motivo dello slittamento verso l’acuto era probabilmente da ricercarsi nella tendenza dei solisti e dei direttori d’orchestra di ottenere una sonorità più brillante per accattivarsi gli umori del pubblico tendendo, per esempio, sempre di più le corde del violino. Questa propensione è, ovviamente, deleteria sia per gli strumenti che per la voce umana, sforzata più del dovuto nel registro acuto.
Si pensi al celebre Fa della Regina della notte mozartiana, che oggi è cantato quasi un semitono più in su di quando l’aria è stata scritta. Nell’esecuzione filologica di musiche classiche si usa spesso un diapason ad accordatura più bassa (430 Hz o, in alcuni casi, addirittura a 415 Hz), il cosiddetto diapason barocco, un semitono sotto quello moderno.
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Il Clavicembalo ben Temperato. (fonte: Carish)
3 Il suono come una entità vivente
Anche il suono, come tutti gli esseri viventi, ha una nascita (attacco), una vita (regime) e una morte (decadimento). Durante queste fasi il contenuto spettrale del suono emesso varia nel tempo. L’attacco è la fase iniziale del suono e dura fino a quando l’onda ha raggiunto la massima ampiezza. Può essere molto rapido come nel pianoforte o negli strumenti a percussione o maggiormente diluito nel tempo. Il regime, o tenuta della nota, è la fase in cui il suono rimane stabile mentre l’esecutore continua a fornire energia. Il decadimento è presente in quegli strumenti, come la tromba, nei quali il suono cessa quando un parametro fisico (il soffio), si abbassa oltre una certa soglia.
Il suono è generato dalle oscillazioni di un corpo elastico (strumenti o voce umana) che, tramite l’aria, si trasmettono al nostro orecchio.
Le principali grandezze dell’oscillazione sono: la durata, data dal tempo in cui si compie una oscillazione; la frequenza, data dal numero di periodi nell’unità di tempo; l’ampiezza, data dal massimo valore raggiunto dall’oscillazione durante un periodo e determinata dalla quantità di energia impiegata; la forma, data dal numero delle componenti parziali e dal loro rapporto di frequenza, ampiezza e fase; lo smorzamento, dato dalla capacità di estinguersi per cessazione di energia o di attrito con il mezzo circostante. I suoni hanno, però, anche oscillazioni aperiodiche, nelle quali cioè il moto non si ripete con continuità. Di questo gruppo fanno parte l’impulso o attacco (di cui ho parlato all’inizio del paragrafo) e il rumore. Quest’ultimo è caratterizzato da un numero infinito di componenti parziali aventi ciascuna caratteristiche di fase e ampiezza casuali. Il rumore è presente in molti spettri di strumenti tradizionali ed è una tipica caratteristica dovuta al mezzo di produzione del moto sonoro; pensate, ad esempio, allo sfregamento dell’archetto sulle corde di un violino o di un violoncello.
4 La voce come strumento e le sue frequenze
Cominciamo col dire che le frequenze vengono espresse in Hertz (cicli al secondo) e che quelle udibili vanno, per un individuo sano e giovane, da 20 a 20.000 e che questa capacità tende a calare progressivamente con l’avanzare dell’età. Il più importante strumento a fiato è sicuramente la voce umana; questo è costituito da un tubo della lunghezza media di 17 cm aperto alle due estremità (bocca e naso) che viene eccitato da un meccanismo ad ancia (le corde vocali). Il tubo ha una sezione variabile che può essere controllata modificando l’apertura della bocca e la posizione della lingua.
Nella posizione neutra il tubo si comporta in maniera che le proprie frequenze vengono convenzionalmente fissate nei multipli dispari di 500 Hz. L’eccitazione prodotta dalle corde vocali genera una pressione che ha una frequenza che va dal basso profondo (50 Hz) al soprano acuto (2.000 Hz) a seconda della lunghezza del tubo e del sesso del proprietario del tubo stesso. L’intelligibilità di un messaggio vocale riprodotto è però determinata anche dagli armonici (quantità d’informazioni): è per questo motivo che una voce maschile bassa, diciamo di circa 100 Hz, risulta più intelligibile di una voce femminile acuta, diciamo intorno ai 500 Hz. Questo è dovuto al fatto che la prima possiede ben 30 armonici, mentre la seconda soltanto 6.
Le voci, sia maschili che femminili, hanno un registro, grazie al quale sono differenziate e riconoscibili. Il registro delle voci maschili si colloca di un’ottava sotto quello delle voci femminili. L’ottava è l’intervallo tra una nota musicale ed un’altra, con lo stesso nome, la cui frequenza è doppia.
Per esempio, il La centrale ha una frequenza di 440 Hz ed il La posto un’ottava sopra ha una frequenza di 880 Hz, mentre quello un’ottava sotto ha una frequenza di 220 Hz. Il rapporto è perciò di 2:1. Un’ottava è l’intervallo che intercorre quando una donna e un uomo cantano la stessa melodia.
L’orecchio umano tende a sentire due note separate da un’ottava come se fossero “uguali”. Per questa ragione, alle note distanti un’ottava è dato lo stesso nome. Queste ultime, dalla più acuta a quella più bassa sono così suddivise: soprano, mezzosoprano e contralto; quelle maschili sono suddivise in tenore, baritono e basso.
Tipo di voce |
Gamma frequenze in Hz |
Basso |
87.31 – 349.23 |
Baritono |
98.00 – 392.00 |
Tenore |
130 – 493.88 |
Contralto |
130.81 – 698.46 |
Soprano |
246.94 – 1.174.70 |
Le voci, come pure gli strumenti, hanno anche un timbro e ogni suono riprodotto ha un suo “spazio timbrico”, costituito dal numero di armonici che possono essere percepiti. Il nostro orecchio ha una eccellente capacità di separare suoni monocromatici con frequenze che differiscono anche di pochissimo.
L’elaborazione delle informazioni uditive avviene ad opera dei due emisferi del cervello che si occupano del contenuto spettrale e di quello temporale. Ai due emisferi corrispondono gli ipotetici assi orizzontali e verticali di un sonogramma (tecnica di visualizzazione dello spettro sonoro), grazie al quale si dimostra che il parlato, o il cantato, e la musica favoriscono la comunicazione fra i due emisferi.
Questa tabella mostra i range di frequenza dei principali strumenti acustici
Strumento |
Gamma di frequenze in Hz |
Pianoforte da concerto |
27.50 – 4.186.00 |
Basso Tuba |
43.65 – 349.23 |
Contrabbasso |
41.20 – 246.94 |
Violoncello |
65.41 – 987.77 |
Viola |
130.81 -1.174.00 |
Violino |
196.00 – 3.136.00 |
Clarinetto |
164.81 – 1.567.00 |
Flauto |
261.63 – 3.349.30 |
Corno francese |
110.00 – 880.00 |
Trombone |
82.41 – 493.88 |
Tromba |
164.81 – 987.77 |
Chitarra |
82.41 – 880.00 |
Dalla tabella si nota come lo strumento che riproduce il più ampio range di frequenza è il pianoforte che, in gamma alta arriva “solo” fino a 4.186 Hz. Ma allora, ci si potrebbe chiedere, a cosa servano i tweeter dei nostri diffusori acustici che arrivano a riprodurre le frequenze fino a 20.000 Hz. La risposta sta nella capacità di riprodurre anche gli armonici. Le frequenze mostrate in tabella, infatti, si riferiscono ai soli toni fondamentali, mentre gli armonici ci danno la percezione dell’ariosità in gamma alta e la sensazione della corposità in gamma bassa, dal momento che essi vanno al di là delle nostre possibilità uditive.
E’ anche per questo motivo che la riproduzione domestica della musica gode di tanta soggettività, grazie alla quale il suono di ogni impianto piace al possessore che lo ha scelto, mentre può emozionare meno l’amico che ci è passato a trovare per un momentaneo ascolto.
Questa tabella mostra i vari range di frequenza da 1 a 20.000 Hz
Nome |
Range |
Estensione(ottave) |
Commenti |
|
Frequenze subsoniche |
1Hz-20Hz |
4 |
Non sono udibili dall’orecchio umano. Sono generate dai terremoti o dai grossi organi a canne delle chiese. |
|
Frequenze bassissime |
20Hz-40Hz |
1 |
E’ l’ottava più bassa udibile dall’orecchio. Cadono in questa zona le armoniche più basse della cassa della batteria e le note basse del pianoforte nonché il rumore dei tuoni. |
|
Frequenze basse |
40Hz-160Hz |
2 |
Quasi tutte le basse frequenze della musica cadono in questa zona. |
|
Frequenze medio-basse |
160Hz-315Hz |
1 |
Cade in questa zona il Do centrale del pianoforte (261Hz). Questa zona contiene molte delle informazioni del segnale sonoro. |
|
Frequenze medie |
315Hz-2.5KHz |
3 |
L’orecchio è sensibile a questa zona. Questa banda, se presa singolarmente, restituisce un suono di qualità simile a quella telefonica. |
|
Frequenze medio-alte |
2.5KHz-5KHz |
1 |
In questa zona l’orecchio è maggiormente sensibile. |
|
Frequenze alte |
5KHz-10KHz |
1 |
E’ la zona che ci fa percepire la brillantezza anche perché contiene molte delle armoniche delle note generate nelle fasce precedenti. Il tasso di energia acustica contenuta in questa zona è molto basso. |
|
Frequenze molto alte |
10KHz-20KHz |
1 |
Ancora meno energia acustica risiede in questa zona. Sono presenti solo le armoniche più alte di alcuni strumenti. |
Appuntamento al prossimo articolo dove continuerò a parlare di questo argomento, approfondendo il tema della timbrica e della dinamica, parametri preziosi per noi audiofili
Note: Bruno Fazzini dal 1994 è stato recensore per la rivista Fedeltà del Suono, rivestendo dal 2006 il ruolo di Coordinatore di Redazione. Contestualmente a questo incarico ha gestito la sala prove della stessa rivista, preparando e pre-testando ogni apparecchio sottoposto a recensione.
Negli ultimi dieci anni ha composto impianti Hi Fi importanti a privati e ad aziende in diverse regioni d’italia, sia utilizzando la tecnologia valvolare che quella a stato solido, adottando sia sistemi ad alta efficienza che ad alta definizione, con particolare attenzione alle problematiche relative all’acustica ambientale
Attualmente è il patron di Sophos Hi End, rinomato negozio specialista di Hi.End. Profondo conoscitore dell’Alta Fedeltà, con un approccio umanistico e tecnico al “Mondo Audio”. Ha presentato il primo sull’Hi Fi scritto in Italia: Hi Fi forever.