Strettamente Personale – Giafranco Machelli
Strettamente Personale – Giafranco Machelli
itolo: What is HiFi? – Cosa è l’Hi.Fi.
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What is HiFi?
Da Wikipedia inglese, la più precisa storicamente e filologicamente:
“High fidelity—or hi-fi or hifi —reproduction is a term used by home stereo listeners and home audio enthusiasts (audiophiles) to refer to high-quality reproduction of sound to distinguish it from the poorer quality sound produced by inexpensive audio equipment, or the inferior quality of sound reproduction characteristic of recordings made until the late 1940s. Ideally, high-fidelity equipment has minimal amounts of noise and distortion and an accurate frequency response. One effort to standardize the term was the 1966 German Deutsches Institut für Normung (DIN) standard DIN 45500. DIN 45500 approval was intended to provide audio equipment buyers with reassurance that their equipment was capable of good quality reproduction. In theory, only stereo equipment that met the standard could bear the words ‘Hi-Fi’. This standard was well intentioned but only mildly successful; in practice, the term was widely misapplied to audio products that did not remotely approach the DIN basis specifications.”
Strettamente Personale . In questi due capitoletti c’è tutto quello che si intende – tecnicamente – come “hi-fi”. Anche io ci ho creduto: ho confuso i parametri per determinare la qualità audio di un dato apparecchio e/o catena di riproduzione con la riproduzione stessa. O meglio, su come giudicare la riproduzione audio. O meglio, come giudicare la riproduzione “musicale”. È questa la linea, la frontiera che separa i cosiddetti “audiophili” e i cosìchiamati “musicofili” (ancora una volta, meglio in inglese: “music lovers”).
Il mio primo incontro con la stereofonia hifi risale al 1968, con un “cambiadischi” Dual costruito in Alto Adige. Per anni mi è sembrato il miglior suono del mondo. Poi, nel corso degli anni ’70, a casa degli amici, nei lunghi sabato pomeriggio passati ad ascoltare Pink Floyd o Hendrix, scoprii un “altro” suono, più raffinato, avvolgente, preciso, coinvolgente. Era il suono dell’High Fidelity, stavolta scritto con le maiuscole perché la Stereofonia stava diventando adulta. Dagli amici ho imparato a conoscere nomi come Thorens, Marantz, Pioneer, Technics, KEF, Acoustic Research, JBL. Lo “stereo” era il “must” consumistico del momento! Il colpo decisivo lo ebbi nel 1977, quando cominciai a lavorare per il Gruppo Suono, che editava testate come Suono, Stereoplay, Stereoguida, l’Annuario di Suono. Dio bono! Da sempre intossicato di musica (quando sono in casa, c’è sempre musica in giro), ero come un topo finito nel formaggio. Uno dei primi incontri fu con il giradischi Linn Sondek LP-12, un coup de foudre che mi sono portato dietro per anni. E le Yamaha NS-1000, le AR10π, le amplificazioni SAE e Accuphase, i giradischi Micro e Transcriptor, il registratore a bobine Revox B77 e altre meraviglie, molte delle quali oggi arricchiscono il mercato del Vintage d’autore (il Vintage ha valore per cose che hanno un pedigree tecnico/sonico peculiare; altrimenti è solo vecchiume tecnologico). Fu una sorta di sbornia dalla quale non son ancor certo di essermi riavuto.
Le riviste nazionali dell’epoca eran tutte di impronta rigorosamente tecnica (sarebbe stato eretico stilare delle classifiche di merito in base al solo ascolto) ed era classificato perlomeno “buono” ogni apparecchio le cui prestazioni misurabili in laboratorio andavano a rispondere – positivamente e in percentuale variabile – a parametri insindacabili quali “linearità”, “distorsione”, “rapporto segnale/rumore”, “estensione in frequenza”. Sia ben chiaro: sono parametri importanti, fondamentali, di cui tenere conto e sono assolutamente tangibili nell’uso pratico, ma non ci dicono ancora assolutamente nulla sul suono di un dato apparecchio! Certo, nell’ascolto di quell’apparecchio vanno inserite talmente tante varianti tecniche, dovute alla contemporanea partecipazione di altri apparecchi, ognuno con la propria “personalità” tecnico/sonica, che sarà poi difficile ritagliare un profilo preciso sulle prestazioni di quel singolo, specifico apparecchio. Inoltre, aggiungiamoci la soggettività di chi ascolta, la sua preparazione, la sua buonafede. E poi le registrazioni e l’ambiente. No grazie, meglio la più semplice, rassicurante, remunerativa misura strumentale sul singolo apparecchio. Come intuire il carattere – o la voce – di una donna (scusate il parallelo sessista), dal numero di piede o dal colore dei capelli!
Io però davo tanta importanza alle misure; mi davano – appunto – la certezza e l’orgoglio di poter acquistare un prodotto “perfetto”. Di sinergia tra i vari componenti, però, manco a parlarne. Thorens-Marantz-AR era la più frequentata, ma se ciò avvenisse per una studiata compatibilità elettro-acustica non è dato sapere. Le AR-10π – ad esempio – scendevano a circa 3 ohm ed erano pertanto un carico piuttosto ostico. Non so quali modelli Marantz di quell’epoca fossero davvero in grado di convivere felicemente con quel tipo di onere elettrico.
Negli anni a seguire, cambiando profilo professionale, ebbi modo di far conoscenza con personaggi e creature dell’alta fedeltà anglosassone, che all’epoca conoscevano in pochi e rappresentavano quasi una “carboneria” dell’audio. Mi si aprì un nuovo orizzonte. Non solo – o non tanto – una nuova concezione dell’alta fedeltà, quanto un modo più efficace, attivo e profondo per viverla. La Hi Fi era (è) uno strumento da utilizzare a proprio piacimento per produrre e sviluppare musica in grado – a sua volta – di produrre e sviluppare emozioni, commozione, gioia, entusiasmo. Non più ascoltatori passivi di fronte ad un tipo di sonorità casuale, intoccabile ed inamovibile, quasi fosse un sacro oracolo, solo perché santificata dalle Tavole delle Sacre Misure! Quanti prodotti “tecnicamente perfetti” ho sentito suonare in modo assolutamente anonimo ed impersonale e quasi nessuno di questi ha lasciato traccia negli annali dell’High Fidelity.
Ecco, per me, l’”hi-fi” (l’hi-end è una classe di prestazioni, non un segmento commerciale; possono farne parte anche prodotti economici, vedi NAD 3020, nato quando il termine ancora non faceva parte del glossario audiophile) è la riproduzione audio che favorisce – prima e soprattutto – la componente intrinsecamente e squisitamente musicale, pertanto preferendo le componenti tonali, ritmiche, impulsive, micro dinamiche. E – come detto in precedenza- può emozionarmi molto di più un NAD 3020 o un Naim Nait (prime due serie) con un paio di minimonitor, piuttosto che un pre-finale ultrapotente associato ad un paio di torri multivia. I componenti delle (mie) catene di riproduzione sono composte sia rispettando alcuni ineludibili parametri tecnici (compatibilità elettrica acustiche-amplificatore), sia contemplando le misure fisiche della sala d’ascolto, sia – soprattutto – le affinità elettive tra i vari componenti da associare sotto il profilo musicale. Così facendo avrò una buona probabilità di ottenere un “sound” naturalmente assimilabile dai miei orecchi. E’ il risultato di circa trent’anni di militanza nelle sale d’ascolto e delle redazioni di giornale, ma anche di tante ore dedicate a questa passione con amici ed occasionali compagni di strada. E dopo tanti anni mi rendo continuamente conto che c’è ancora tanto, tanto, tanto da imparare e da scoprire.
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