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“Strettamente Personale” – Andio Morotti

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“Strettamente Personale”

Autore:  Andio Morotti

 

Titolo: L’ALTA FEDELTA’ COME LA VEDO IO

 

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L’ALTA FEDELTA’ COME LA VEDO IO

di Andio Morotti

 

L’alta fedeltà, per come la concepisco io, è un mezzo per raggiungere un fine, che, in questo caso, è l’ascolto domestico, gradevole e realistico, della musica. Come tutti i mezzi, può essere più o meno adeguato al pieno raggiungimento del fine, ma per capire il valore e il senso del fenomeno, è il fine che, in primo luogo, va esaminato. Ascoltare musica è un piacere, che in taluni casi può diventare quasi un bisogno. Certo, non è un bisogno cosiddetto “primario”,  ma l’uomo – si sa –  non vive di solo pane.

 

 

 STRETTAMENTE PERSONALE di Andio Morotti Foto 1

 

 

Come si valuta un piacere? A mio parere, è una questione più qualitativa che quantitativa, cioè è qualcosa che riguarda in primo luogo il modo di concepire il gusto del vivere. E qui sta la difficoltà, perché il quantitativo è facile da giudicare (ottenere due è meglio che ottenere uno), mentre il qualitativo mette in discussione la semplice logica dei numeri, e non solo perché mangiare tre piatti di pasta non è tre volte meglio che mangiarne uno, ma anche perché ci obbliga a prendere in considerazione alternative non omogenee: se e a quali condizioni una cena con gli amici sia preferibile alla lettura di un buon libro o all’ascolto di buona musica.

 

 

STRETTAMENTE PERSONALE di Andio Morotti Foto 2

 

 

Il fatto è che esistono dei piaceri legati a una dimensione consumistica e altri che, almeno in parte, ne sono fuori. Dipende dalla nostra disposizione mentale. Per rimanere nell’ambito dell’ascolto della musica, per esempio, un conto è vivere l’intera giornata in un ambiente con musica di sottofondo, come nei supermercati, o con gli auricolari che bombardano continuamente di musica le nostre orecchie, un altro conto è l’ascolto “full immersion”, attento e rilassato a un tempo, di un preciso brano musicale.

 

 

 

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Nel primo caso “consumiamo” musica mentre facciamo altro e la nostra attenzione è rivolta ad altro, nel secondo, invece,  è la musica il centro della nostra attenzione e l’ascolto della musica la nostra sola attività e quindi non possiamo davvero dire di “consumarla”. È chiaro che il problema dell’alta fedeltà si pone solo in questo secondo caso, come il mezzo che ci deve permettere di godere di un ascolto coinvolgente quando, comodamente seduti davanti al nostro impianto, ci abbandoniamo al linguaggio delle note, al ritmo del loro scorrere, alla linea melodica che vengono formando, ai loro giochi, alle loro variazioni di intensità, ai loro silenzi. Davanti a noi si apre – se è vera alta fedeltà –un palcoscenico virtuale, sul quale si collocano sia gli strumenti che i cantanti e così l’illusione di stare ascoltando dal vivo è molto forte.

 

 

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I pensieri si muovono, ma senza la rigidità e il rigore della logica concettuale: è la musica che li dirige, richiamando immagini e suscitando emozioni. È questo, secondo me, il vero piacere dell’ascolto e il senso ultimo dell’alta fedeltà: uscire fuori dalla necessità del pensiero logico e ritrovarsi in un tempo senza orologi e in uno spazio un po’ magico, che ha cancellato la differenza tra reale e possibile. E poterlo fare ogni volta che vogliamo e con i brani che più ci piacciono. Ma l’abbandonarsi al piacere dell’ascolto non è né una droga né un momento di follia. È chiaro che in noi rimane sempre la capacità di riconoscere il timbro dei singoli strumenti, di apprezzare la resa della dinamica, di considerare la quantità delle informazioni e così via; ma quando queste capacità prendono il sopravvento e si impongono alla nostra attenzione, allora – almeno per quanto mi riguarda –  mi accorgo di stare ascoltando l’impianto e non la musica.

 

 

 

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Certo, perché mi possa abbandonare al piacere dell’ascolto della musica e ne tragga il massimo appagamento, occorre che l’impianto che sto utilizzando mi piaccia e mi convinca, abbia un suono capace di realismo e ricco di suggestioni, cioè sia in grado di suonare con quella che i miei gusti riconoscono come “musicalità”. Per questo occorre avere dedicato tempo all’abbinamento dei componenti, alla scelta dei complementi e alla generale messa a punto dell’impianto. Personalmente, poi, una volta trovato il suono che mi piace e mi convince, tendo a conservarlo a lungo, senza farmi prendere dalla smania del cambiamento. È più di un decennio che non sostituisco un’elettronica nei miei impianti. Piuttosto preferisco puntare, quando capita, sui piccoli ritocchi attraverso il cablaggio e gli accessori.

 

 

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Naturalmente, se un giorno trovassi un apparecchio che, ai miei orecchi, rendesse il suono decisamente più gradevole e coinvolgente, probabilmente non esiterei (finanze permettendo) a rimpiazzare quello oggi in uso. Ma il vero senso dell’alta fedeltà non sta nel possesso di un impianto tecnologicamente all’avanguardia, ma di uno che consenta di poter godere dell’ascolto della musica. La vita è più piacevole quando ci permette di destinare un po’ di tempo a ritemprare lo spirito nell’armonia della musica. Ma se questi momenti vengono sciupati perché durante l’ascolto si pensa a come il suono potrebbe cambiare se si sostituisse il componente X con il più moderno componente Y, si continuerebbe a ricadere in una visione quantitativa della vita: più nuovo, più costoso, più potente e così via. Ma la quantità suscita angoscia, perché c’è sempre un più. La qualità, invece, se ben vissuta, appaga e rasserena.

 

 

 

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Non nascondo di avere impiegato anni per costituire e mettere a punto il mio impianto personale, che però ora mi tengo caro perché mi soddisfa pienamente in quanto credo di avere capito quali sono veramente i miei gusti sonici e le mie esigenze: il mio non è certamente l’impianto migliore del mondo, ma non mi interessa, perché è in grado di regalarmi ore e ore di un ascolto musicale quasi magico. In questo senso è certamente vera alta fedeltà. E allora poco importa se le elettroniche sono degli anni ’80: se – almeno per i miei orecchi – riescono a generare la suggestione che generano, vanno benissimo. Nel mondo dell’hi-fi i progressi sono raramente rivoluzionari perché raramente cancellano una tecnologia per sostituirla con un’altra.

 

 

STRETTAMENTE PERSONALE di Andio Morotti Foto 8

 

 

 

 

 

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Andio Morotti
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Andrea Morandi                                                Claudio Mazzotti

 

 

Lo specialista ha scritto……………..

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    1 Comments
    • 16 novembre 2013

      Sono d’accordo con tutto sostanzialmente. Il mio primo impianto stereo iniziò nel 1972 con un Marantz 1030 al quale collegai successivamente 2 AR 4Xa un Thorens TD 160 ed un sinto Marantz 125 suono bello. All’Epoca, studente, frequentavo settimanalmente l’auditorium di Santa Cecilia per le prove generali. A dette apparecchiature, oggi nelle mani di mia sorella e ancora ben suonanti, successero Phase Linear 3500 pre + 400 finale con due Sonus Faber Parva FM2 (le n° 88 A e B) e sempre col Sinto Marantz 125: seguitava il suono ad essere bello ma una bella riproduzione del suono dal vivo. Nel 1995 ho costituito un nuovo impianto come quello dell’illustrazione all’inizio: McIntosh C 22+ 2 X275 (quelli sono i 75 mono), MR80 (sinto McIntosh trovato d’occasione) e due Tannoy GRF Memory in biampling il suono è bellissimo e non sfigura però il Suono dei Phase Linear etc ma mi rendo conto di una cosa: se sei un musicofilo il suono McIntosh o Marantz vintage o Phase Linear (1980!) sono belli ma ti interessa il contenuto: vuoi mettere ascoltare la Prima della Scala o il Festival Wagneriano di Bayreuth in diretta radio ( RAI3 Dio la benedica!) dove non potresti mai andare. Certo che se confrontati con l’attuale produzione in classe a pura con CD o giradischi esoterici forse sono u pochino indietro però a me non interessa ascoltare sempre i soliti quattro pezzi che fanno suonare bene l’impianto. Io accendo, seleziono il programma (radio, CD Giradischi) e dimentico l’impianto…. probabilmente le elettroniche di 20 o 30 anni fa sono state solo vittime del consumismo, ma sentire oggi, come mi è capitato, un Marantz 1200 B del 1973 suonare con una voce bellissima dopo 40 anni, fa pensare. Ciao a tutti

      Maurizio