Sugden A25b – a British story – Giafranco Machelli
Sugden A25b – a British story – Giafranco Machelli
Il Brutto Anatroccolo
Di Gianfranco Machelli
Foto 1 – L’originale A21 Class A, “padre” di tutti gli amplificatori Sugden.
Oggi le amplificazioni Sugden sono tra le più ricercate tra quelle griffate e con passaporto britannico. Hanno appeal tecnico e cosmetico e non costano poi cifre impossibili, oggi. Sugden Audio, anzi James Edward Sugden & Co Ltd progetta e costruisce prodotti hi-fi di gran qualità sin dagli anni Sessanta, ma questo nome è diventato familiare agli audiofili nostrani da non più di un lustro. Peccato, non sanno cosa si sono persi…
Agli inizi degli anni Ottanta, quelli che io uso chiamare del Rinascimento HiFi, una nuova generazione di importatori, composta perlopiù da negozianti evoluti ed appassionati (o da semplici appassionati improvvisatisi poi negozianti…), piuttosto che da grandi organizzazioni di distribuzione su larga scala, cominciò ad affacciarsi presso le riviste del settore (io ero a Stereoplay, quindi a Suono) con un bagaglio di nuove, spesso inedite, proposte. Seppur in modo un po’ naif e con la diffidenza di chi manipola un aggeggio sconosciuto (la comunicazione) questa truppa di entusiasti trafficanti di audio portò in Italia nuove apparecchiature firmate A&R Cambridge, ProAc, Linn Products, Musical Fidelity, Naim Audio, Meridian, Onix, Rogers, Exposure, Spendor, Rega, Heybrook, Monitor Audio, Mission, Audiolab, Nytech, Sondex, Quantum, Deltec, RCL, Harbeth ed altri nomi che al momento – scusate – non mi sovvengono. Molte di queste cresceranno, anche molto, e diverranno industrie di calibro internazionale e di grande carisma. Altre scompariranno, perlomeno nel nome.
Foto 2 – La prima fabbrica di J.E. Sugden,
Tra queste mancava Sugden, J.E. Sugden. Eppure non aveva un pedigree inferiore agli altri. Anzi. Esclusi i marchi storici per eccellenza dell’audio britannico (Quad, Celestion, Radford, Tannoy, Leak, Garrard, Wharfedale, Kef, B&W), Sugden ha tutti i numeri per essere considerato un’eccellenza tra le eccellenze del “made in UK”. Nel 1968 J.E. Sugden costruì, dapprima per Richard Allan, costruttore di ottimi altoparlanti (famosi i suoi kit, molto competitivi), quindi con la sua firma sul frontale, l’A-21 Class “A”, uno dei primi (se non il primo in assoluto) amplificatore in Classe A ad essere estensivamente commercializzato. Negli anni a seguire, Sugden ha dato vita ad un intero catalogo di elettroniche (integrati, pre & finali, sintonizzatori), tutti assolutamente “hand made”, tutti di grande qualità intrinseca, per fattura, tecnologia, prestazioni. The Absolute Sound, nel 2011, ha incluso l’A-21 Class A tra i prodotti più significanti della storia audio.
Foto 3 – James Edward Sugden
In Italia Sugden è approdata, prima di essere presa dall’attuale distributore, un paio di volte, senza però lasciare un segno nel mercato. Prima dell’attuale proprietà, Sugden è stato il classico prodotto di nicchia, senza concessioni al mercato (pubblicità pochissima e minimalista), né alla qualità costruttiva. Prima dell’attuale catalogo, i prodotti Sugden erano assai bruttini. O, se vogliamo, il tipico apparecchio con l’estetica da strumento di laboratorio, con il risultato che – pur essendo intrinsecamente validi – rimanevano invisibili agli occhi dell’appassionato neofita, il quale, lo sappiamo, compra anche con gli occhi. Eppure, la storia di Sugden Audio è proseguita, grazie al passa parola, alla fede quasi granitica dei suoi supporters, all’incontaminata disciplina costruttiva che mantenuta immacolata la qualità e la filosofia di progetto, inglese fino al midollo sotto ogni aspetto. All’inizio degli anni Novanta la produzione si è un po’ ampliata e l’estetica si è fatta meno “criptica”, concedendosi un rigorosissimo look minimalista, tutto sostanza e poca apparenza. Su questa traccia – e non poteva essere altrimenti – nacque a metà degli anni ‘80 il più piccolo amplificatore che Sugden avesse mai progettato e prodotto: l’A25, poi seguito dalla revisione B, differente per qualche cambio funzionale e circuitale senza però cambiare la circuitazione di base.
Foto 4 – Il Sugden A25b
L’A25 andò a rappresentare Sugden nell’arena – allora infuocata – dei piccoli integrati “firmati”. A&R Cambridge A-60 e NAD 3020 erano state le avanguardie ed ancora facevano proseliti. Intanto era arrivato il Naim Audio Nait, un predestinato al successo, visti i tempi (Linn & Naim erano i marchi leaders del mercato con un forte seguito fidelizzato come nessun altro mai), di là a poco l’Audiolab 8000A, il Mission Cyrus 778, il Cambridge P35 di Stan Curtis, il Creek 4040 di Mike Creek, il Meridian MCA-1, ad elementi componibili, il Musical Fidelity A-1, il Nytech 252, il Quantum IA-100, il Sondex S230, dell’ex progettista Radford. Ad eccezione degli ultimi tre, gli altri, naturalmente aggiornati e rivisti, sono ancora su piazza. Anche Sugden, ma con un ampli che non ha nulla in comune con l’A25, il Mystro.
Foto 5 – l’interno dell’apparecchio mostra la sua essenzialità, costituita però da ottima componentistica.
Il prodotto in nostro possesso è l’A25b, trovato disperso su uno scaffale di un rivenditore che non lo degnava nemmeno di tanto credito. Preso e ripulito, attaccato e riportato a nuova vita, il baby Sugden è un apparecchio, nel suo sincero e rigoroso minimalismo, fatto con tutti i crismi della qualità. Il frontalino, ad esempio, nel momento in cui tutti usavano plastica o lamiera piegata, nell’A25b è un bel pezzo di lastra di alluminio da ½ centimetro. La verniciatura, semmai, non è impeccabile, ma quella non suona…. La pianta del cabinet è piuttosto larga e ciò consente al progettista di dividere esattamente in due la superficie interna. La porzione sinistra è per 2/3 coperta da un’unica scheda circuitale sul quale sono montati ordinatamente un numero non esuberante di componenti, tutti di buona qualità (condensatori Rubycon da 10.000µF x2, potenziometro ALPS serie Blue Velvet). Lo stadio phono (MM) è realizzato con due integrati (forse tipo 5534, molto comune in quel tempo tra gli audio designers britannici, la cui sigla è celata da un tocco di vernice nera. Lo stadio di potenza è realizzato a due coppie di MOSFET, resi solidali a due blocchetti alettati. Il trasformatore di alimentazione è scontatamente toroidale, credo del valore di 200VA. La potenza di targa dichiarata dal costruttore è di 34 watt a canale.
Foto 6 – I condensatori di filtro sono Rubycon da 10.000 microFarad cadauno
Come suona l’A-25b.
Frequentemente lo collego ad un paio di ProAc Tablette 50 Signature, giradischi Technics SL-1200 mkV modificato con testina Shure M95HE. Lettore CD Marantz SA-KI Pearl Lite. Rispetto ai riferimenti abituali (NAD 3020b e Lavardin IS), l’A25b suona aperto e dinamico, con un ottimo micro contrasto, sound stage piuttosto profondo, ma non particolarmente alto in quota, né articolato sui piani prospettici. Ottima la resa del dettaglio, la proprietà del tono e la stabilità della messa a fuoco. Assolutamente versatile, non sembra privilegiare nessun tipo di genere musicale. Visto ed ascoltato oggi, l’A-25b non ha nulla da invidiare ai suoi contemporanei (estetica a parte e telecomando). Non è particolarmente indulgente e preferisce partners di prima qualità. Se al tempo della sua uscita avesse avuto il background promozionale dell’attuale produzione avrebbe potuto creare qualche problema ai soliti noti (Musical Fidelity, Naim, Audiolab, Mission/Cyrus). In circolazione qualcuno ce n’è; per non più di 200 euro è un affare da non mancare.
Foto 7 – L’A25b è un ampli in classe A/B a MOSFET.
SUGDEN AUDIO A-25-A25B
Sugden A25 Mosfet Stereo Amplifier. (1985-1990)
Sugden A25B Mosfet Integrated Amplifier. (1990-1995)
A25B SPECIFICATION
Power Output RMS: 34 Watts
Distortion @1kHz/1 Watt: 0.03%; 1kHz 30 Watts, 0.05%
Signal To Noise: Line, 80dB; Phono, 65dB
Frequency Response: 20Hz-20kHz; Line+/-0.2dB; Phono, +/-0.3dB
Rise Time: 2.5uS
Foto 8 – Lo stadio phono MM è realizzato con due integrati, le cui sigle sono state però coperte da una leccatina di smalto.
Autore:
Fra le mie esperienze: Magnum, Creek, Mission/Cyrus, BeW c’erano anche i Sudgen (parlo degli anni 70/75) e poi Quad, Redford, Naim, insomma di Hi Fi inglese (un po’ minimalista) ne ho conosciuta e goduta in tutte le salse fino ai lettori cd Cambridge. Ma continuo ad ascoltare i miei LP con gioia. Devo molto all’elettronica Made in GB. Meditate gente, meditate e risparmiate con il mondo d’oltre Manica. Da Umberto.
Ma come è un ampli a mosfet ??? Ha due transistor finali in simmetria complementare, della Sanyo, credo, non certo dei mosfet !! Quanto all’integrato “leccato”, dubito che sia un NE5534, deve essere qualcosa di più comune,,,